Intervista Alberto Catullo e Martino Manfrin
"L’obiettivo principale era quello di migliorare il nostro servizio e la nostra capacità di offrire valore aggiunto ai clienti americani."
Quando e perché si è deciso di aprire uno stabilimento produttivo in U.S.A.?
Catullo: l’idea di realizzare uno stabilimento produttivo a Manheim, in Pennsylvania, nel 2003, nasce da varie considerazioni. Innanzitutto, lo spazio a disposizione per CAREL U.S.A. al precedente indirizzo (nella vicina città di Lancaster) era assolutamente al limite. CAREL U.S.A. già in quegli anni faceva attività di configurazione finale di alcuni umidificatori, nonché di stoccaggio dei controlli CAREL venduti al tempo negli Stati Uniti. A livello più strategico, l’obiettivo principale era quello di migliorare il nostro servizio e la nostra capacità di offrire valore aggiunto ai clienti americani, in particolare con la possibilità di migliorare i tempi di consegna (un tema estremamente importante per i clienti) senza aumentare a dismisura i magazzini. Eravamo poi consapevoli che per partecipare a certe gare di appalto (soprattutto quelle pubbliche) era necessario avere prodotti la cui parte preponderante del valore fosse generata negli Stati Uniti, secondo politiche volte a sviluppare la produzione domestica. Uno stabilimento produttivo negli U.S.A. era poi allineato con la visione della proprietà di avere, a tendere, un’unità produttiva in ciascun continente; questo per generare meccanismi di resilienza diventati poi molto opportuni negli anni recenti della pandemia. Ovviamente, a monte di queste motivazioni puntuali, c’era l’aspettativa generale di guadagnare velocemente una quota di mercato importante nel continente americano. Il plant venne inaugurato nel dicembre 2003, con la presenza di funzionari del governo locale, rappresentanti di EDC (Economic Development Company of Lancaster County), i dipendenti, ed alcuni clienti e fornitori. Per l’occasione, Luigi Rossi, Luigi Nalini, e Umberto Bianchini parteciparono alla cerimonia di inaugurazione. Nonostante le temperature molto fredde, la giornata fu un momento di grande calore per festeggiare il completamento dello stabilimento e per le sfide che ci eravamo preposti di affrontare assieme.
Quando e perché si è deciso di aprire uno stabilimento produttivo in Cina?
Manfrin: CAREL Suzhou è stata costituita durante la primavera del 2005; prima di quella data, CAREL operava in Cina con una filiale commerciale basata ad Hong kong e con un ufficio di rappresentanza commerciale a Shanghai. CAREL iniziò a commercializzare i propri prodotti in Cina dall’inizio degli anni ‘90 tramite 2 distributori: Honeekar in Hong Kong e Teu H Sin in Taipei-Taiwan. In quel periodo, la Cina cresceva a doppia cifra, in tutti i settori dell’economia, dall’edilizia ai trasporti e soprattutto nell’industria in generale. La Cina stava convertendo, nell’arco di tempo di una sola generazione, una nazione prettamente agricola nella seconda potenza economica al mondo, competendo prima e dominando poi in settori strategici dell’economia mondiale, come elettronica di consumo e semiconduttori. Durante la fine degli anni ‘90 e i primi anni 2000, i nostri clienti europei e americani avevano iniziato a investire direttamente in Cina con stabilimenti produttivi, soprattutto nell’area prominente a Shanghai cosiddetta "yangtze river delta" ovvero nell’intorno del delta del famoso fiume Azzurro. Quindi fu importante per noi seguire e supportare i nostri principali clienti di allora, accedendo e diventando competitivi in un mercato in fortissima espansione.
Quali sono state le principali criticità da affrontare?
Catullo: molte delle criticità che abbiamo dovuto affrontare sono state originate dal fatto che il nuovo stabilimento ha richiesto la completa internazionalizzazione del "sistema CAREL" del tempo, che fino a quell’anno era basato molto sulla vicinanza fisica dei processi (e delle aziende) di Brugine. Se in ambito commerciale si era usciti da tempo dal territorio nazionale, questo fondamentalmente non era ancora avvenuto per i processi Operations e di Sviluppo Prodotto. In quelle aree aziendali, si era continuato a parlare la stessa lingua, si condivideva la stessa cultura, e tecnologicamente ci si poteva collegare via cavo ai sistemi informatici esistenti. Lo stabilimento di Manheim ha richiesto l’adeguamento del sistema CAREL ad un ambito globale. Questo ha significato l’introduzione di un sistema gestionale multi-sito intercontinentale, la ristrutturazione del Sistema Qualità, la complessa standardizzazione dei processi Operations e Sviluppo Prodotto e, per molti versi, di quelli HR e di Contabilità, il tutto in una nuova lingua, nuove regole, e una nuova cultura. Per chi ha vissuto questa esperienza in prima persona, Manheim non è stato "solo" un nuovo stabilimento, ma ha anche abilitato la globalizzazione di CAREL: è stato probabilmente, infatti, una palestra importante per risolvere quanto è stato poi affrontato nello stabilimento successivo in Cina.
Manfrin: le prime aziende che investivano in Cina (anni ‘80 e anni ‘90) operavano tramite joint venture con aziende del luogo, per ridurre le barriere all’ingresso come la lingua e la cultura locali, aprendo il fianco però ai noti problemi di proprietà intellettuale. Nel dicembre del 2001, la Cina entrò nel WTO permettendo alle società straniere di istituire società controllate al 100% da investitori stranieri in specifici settori industriali permessi dal governo centrale. CAREL decise di non istituire una joint venture, ma di seguire la strada più dura, quella con una visione di lungo termine, come sempre accade in CAREL. Senza il supporto di una società cinese locale, siamo partiti da zero, abbiamo dovuto cercare i locali più idonei a noi dove iniziare le operazioni (il governo locale metteva a disposizione capannoni in affitto al grezzo), renderli funzionali (negli impianti, nelle aree produttive e negli uffici), acquistare tutte le attrezzature di produzione (uguali a quelle italiane, con lo stesso livello di automazione di assemblaggio), sviluppare un sistema gestionale personalizzato per le esigenze locali (finance, produttive, commerciali). Un po’ alla volta siamo riusciti a formare un team di persone in grado di far crescere la società rapidamente, e sono molto fiero di condividere che molti sono ancora con noi e sono cresciuti assieme alla CAREL. Grazie all’ottimo lavoro svolto dal team locale e al supporto dell’organizzazione CAREL in Italia, in pochi mesi riuscimmo a far partire la produzione, (la costituzione della società fu a maggio 2005 mentre l’assemblaggio del primo prodotto fu a settembre dello stesso anno).
"i nostri clienti europei e americani avevano iniziato a investire direttamente in Cina [...] fu importante per noi seguirli e supportarli accedendo e diventando competitivi in un mercato in fortissima espansione."
È stato complicato costruire una catena di fornitura affidabile?
Catullo: non è stato semplice. Come indicato precedentemente, il focus per l’azienda, per i primi anni, è stato localizzare e produrre umidificatori. Le difficoltà non sono state tanto nel trovare fornitori competenti e interessati, quanto nel ricevere prezzi competitivi. Da un lato, avevamo la possibilità di comprare componentistica da fornitori di gruppo in Europa (soprattutto in Italia al tempo) a prezzi commisurati ai volumi del gruppo CAREL. I volumi per il mercato americano erano ovviamente molto più bassi, soprattutto negli anni iniziali. Ci si è scontrati, poi, con la necessità di reperire componenti di disegno italiano, concepiti secondo il sistema metrico e certificazioni Europee. Da un lato, chiedere componenti identici significava chiedere ai fornitori di gestire materiale da loro non comunemente movimentato. Dall’altro, convertire i nostri prodotti all’utilizzo di componenti comuni nel mercato americano ha richiesto un impegno tecnico di "conversione" non banale. Si sono dovute gestire certificazioni locali, quali ad esempio l’UL, ma non solo, ad hoc prodotto per prodotto, dato che solo più avanti sono diventate parte integrante dei processi interni di sviluppo prodotti del gruppo CAREL. La combinazione di questi fattori ha senz’altro rallentato il processo di localizzazione della catena di fornitura.
Manfrin: l’area di Suzhou offriva, e credo offra ancora, un’ampia catena di fornitura con aziende fortemente specializzate come l’assemblaggio e il test di schede elettroniche, lo stampaggio di materie plastiche, pressofusioni ed estrusioni di alluminio, carpenterie metalliche e lavorazioni meccaniche di precisione. Negli anni in cui è stata costituita CAREL Suzhou (2005) in quell’area si produceva circa l’80% di tutte le schede elettroniche per computer portatili e desktop al mondo, con impianti industriali che ospitavano oltre 50.000 dipendenti. Inoltre, famosi brand di prodotti elettronici di consumo (giapponesi e coreani) avevano le loro sedi principali produttive a Suzhou. Sostanzialmente, i fornitori non mancavano, però le nostre maggiori difficoltà erano ottenere attenzione e priorità dai grandi fornitori, e garantirne la qualità. La nostra costante crescita in Asia e in altre parti del mondo ci permise di ottenere i volumi necessari per rafforzare la struttura industriale in Cina.
Quali sono stati i primi prodotti usciti dal nuovo impianto?
Catullo: prima dell’apertura del nuovo stabilimento, CAREL U.S.A. già assemblava l’MC2000, una variante americana del sistema adiabatico MC, e l’UltimateSteam, un prodotto concepito localmente per la distribuzione di vapore in pressione, soluzione piuttosto comune negli U.S.A.. Il primo, nuovo prodotto uscito dal nuovo stabilimento di Manheim è stato l’homeSteam, una versione di UE adattata per l’utilizzo residenziale o "light commercial". Negli immediati anni successivi, sono stati prodotti l’UE e l’UR, partendo dai modelli aventi più componenti in comune e ovviamente dai volumi più interessanti, ed espandendo progressivamente la produzione a gran parte della gamma.
Manfrin: ricordo molto bene quando i primi PJ32 uscirono dalla prima linea produttiva in Cina; fu un momento di forte soddisfazione per tutti in CAREL, erano i primi prodotti CAREL, assemblati fuori dall’Italia. Il PJ32 era un prodotto diffuso nella refrigerazione commerciale, e fu scelto perché aveva una complessità produttiva gestibile per un nuovo gruppo di lavoro, e perché la refrigerazione era un mercato in forte crescita in Asia.
Come si è evoluto lo stabilimento produttivo nel tempo?
Catullo: nell’immediato periodo dopo la realizzazione del nuovo stabilimento, l’obiettivo fu quello di concentrare le spedizioni di materie prime e semilavorati su containers spediti via mare da fornitori europei o dal plant italiano, effettuando assemblaggi, configurazioni finali e test nel nuovo stabilimento americano. D’altro canto, nel medio e lungo periodo, il target era di localizzare la produzione e la catena di fornitura quanto più possibile. Il lancio di homeSteam, UE, e UR prodotti localmente, fu seguito da quello degli humiFog, e poi ancora i compactSteam, un prodotto progettato specificatamente per il mercato residenziale statunitense e nato dall’esperienza maturata con l’homeSteam. Co-sviluppato tra Manheim e Brugine, questo umidificatore fu inizialmente prodotto nel plant cinese di Suzhou e poi localizzato appunto a Manheim per accorciare la catena di fornitura e ridurne i costi di trasporto. Va anche menzionato lo sviluppo locale e la produzione dell’ultimateSAM, un’evoluzione dell’ultimateSteam nata per sostenere la crescita nell’applicazione della distribuzione del vapore in pressione. Lo sviluppo di queste soluzioni avvenne grazie al prezioso contributo del team R&D locale. E si sono anche iniziati a fare i primi passi lato controlli elettronici portando, nello stabilimento di Manheim, alcune fasi di configurazione finale o di personalizzazione per clienti americani dei controlli programmabili. Acquisimmo anche macchinari per la personalizzazione grafica dei nostri controlli, ottimizzando la gestione del magazzino perché ci ha permesso di importare componenti plastici neutri in volumi elevati, per poi personalizzarli a Manheim secondo le richieste dei clienti locali. Localizzazioni più importanti nella parte elettronica sono avvenute negli anni dopo la mia partenza e con l’arrivo di Martino Manfrin (attuale Chief Sales and Marketing Officer North America).
Manfrin: durante i primi anni, CAREL Suzhou è cresciuta molto rapidamente. Nel 2009, avevamo già quasi 200 addetti, con 3 linee di assemblaggio SMT, 6 linee di assemblaggio PTH e una linea di assemblaggio di umidificazione per il CompactSteam. Oltre allo stabilimento produttivo, avevamo iniziato a costruire la struttura commerciale cinese aprendo uffici di rappresentanza nelle aree più strategiche per noi come Shanghai, Guangzhou e Pechino. Dopo i primi anni, iniziammo a dedicare molta attenzione all’innovazione che stava prendendo piede in Cina e sviluppammo in Italia il primo prodotto grazie alla "reverse innovation". Nacque così il µPC, usando la Cina come fucina di idee per dargli forma. Investimmo molto anche nello sviluppo software, soprattutto nella parte applicativa, per far fronte alle diverse esigenze del mercato cinese. Un po’ alla volta iniziammo le prime sperimentazioni di design in Cina, sviluppando "prodotti derivati", come il PJ30A ed il PGDsmall, prodotti derivati dal design italiano, ma modificati per le esigenze del mercato locale.